Approfondimenti Storici

Un po' di storia sul luogo

Liquid Spirit è a pochi passi da Spaccanapoli, per antonomasia la “strada” di Napoli, l'unico posto dove si può leggere la sovrapposizione storica dal primo insediamento urbano fino ai nostri giorni, e contemporaneamente comprendere l’antropologia sociale che deriva da quell'intreccio di razze che per secoli ha abitato Napoli.

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Palazzo Di Sangro dei Duchi di Casacalenda, visto da Piazza San Domenico Maggiore

Nonostante l'immensa bibliografia, Napoli rimane per molti ancora un mistero, è semplicemente un luogo non catalogabile e non rivela a tutti la sua vera essenza. Neapolis va conosciuta dal vivo aggirandosi nelle strade, nei vicoli, guardando e curiosando tra le persone, ascoltando le mille storie che esse sono pronte a raccontare appena le si da il la, lasciandosi prendere dai rumori, i suoni, i colori, toccando i muri antichi dei palazzi, che se ascoltati, anch'essi parlano di pezzi di vita vissuta. Il nostro concept store è nel cuore del centro antico, a ridosso del decumano inferiore, meglio conosciuto con il nome di Spaccanapoli. Più precisamente, siamo all’interno del famoso Palazzo Di Sangro dei Duchi di Casacalenda, sito in Piazza San Domenico Maggiore e realizzato nel ‘700 su progetto dell’Architetto Napoletano Mario Gioffredo, terminato poi dall’Architetto di corte Luigi Vanvitelli. L’ingresso dei locali è su Via Pallonetto a Santa Chiara su cui c’era la porta di una cappella laterale della ormai scomparsa Chiesa di Santa Maria della Rotonda, di origine Paleocristiana. Il nome della chiesa deriva dalla sua forma orbiculare, tutt’ora riconoscibile anche a seguito delle profonde manomissioni subite nel tempo. La chiesa, fondata nel III secolo d.c. sotto Costantino, nasceva sulle preesistenze del tempio pagano di epoca romana consacrato al culto della dea Vesta, custode del focolare domestico, del culto della famiglia e dell’ospitalità. Il Tempio occupò gli ambienti di un precedente tempio Greco dedicato verosimilmente ad Eumelo Falero componente degli Argonauti dal quale discende la scelta del luogo di fondazione della città di Napoli. Santa Maria della Rotonda fu una delle prime chiese Napoletane ad aprire al culto Cristiano e rimase funzionante fino alla seconda metà del ‘700 quando, dopo la “ristrutturazione” ad opera dell’Architetto Luigi Vanvitelli si perdono le sue notizie, inglobata dall’ampliamento del Palazzo. Solo agli inizi del ‘900, durante le operazioni di taglio dell’ala sinistra del fabbricato, ad opera della società per il risanamento e per l’allargamento della sede viaria di Mezzocannone, torna alla ribalta la Chiesa con il ritrovamento del colonnato di ingresso nelle murature in demolizione.

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Ritrovamento del colonnato di ingresso della Chiesa di Santa Maria della Rotonda

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Ritrovamento del colonnato di ingresso della Chiesa di Santa Maria della Rotonda

Il D’Engenio Caracciolo, nel testo “Napoli Sacra” del 1623, collega l’antichità della chiesa al “modello della fabbrica” e ci informa che essa è una delle chiese consacrate a seguito dell’editto di Costantino il Grande (313 d.c.) ma che “benché lo Stefano dica che sia stata edificata per ordine del detto Imperatore. Alcuni pretendono ch’anticamente sia stato tempio da Napolitani dedicato alla dea Veste”. Questa supposizione è stata nel tempo ripresa ed avvalorata da vari autori quali il Celano, il Perrino, il Capasso. Nella descrizione del D’Egenio si fa inoltre menzione “d’una sedia antichissima di marmo, queste sedie, presenti in altre antiche chiese napoletane, denotano che esse furono Parrocchie Maggiori ove i Vescovi e gli Arcivescovi solevano andare in processione.” (cfr. C. D’Egenio Caracciolo; Napoli Sacra; Napoli 1623; pg 260) Il Celano nel 1692 ci rende una descrizione dettagliata della chiesa; anch’egli attribuisce la sua fondazione al tempo di Costantino, e dice “però molti de’nostri eruditi Scrittori, ed esatti indagatori dell’antico, vogliono che fosse stato l’antichissimo Tempio di Cerere e che in tempo di Costantino fosse stato consacrato alla Vergine.” Nella descrizione vengono citate due basi di marmo antico con iscrizioni latine andate distrutte i cui frammenti, con le predette iscrizioni, sarebbero stati murati davanti alla porta d’ingresso della chiesa. Anche il Celano menziona la sedia Vescovile in marmo precisando che, “oggi non so perché, sta trasportata nell’atrio”; inoltre nell’atrio si vede un’antichissima conca che stimasi sia stata pira per sacrifici ed un antico fonte di marmo per l’acqua lustrale. (cfr. C. Celano; delle notizie del bello, dell’antico, del curioso, della città di Napoli; ed. III; 1758;pp124-126)

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Bartolomeo Capasso - Planimetria Napoli Greco-Romana (1904)

Un documento suggestivo è contenuto nel saggio di Bartolomeo Capasso del 1895, “Topografia della città di Napoli nell’XI secolo”. L’autore riporta una descrizione successiva alla “Visita” che un alto prelato fece nel 1580, in tale descrizione troviamo importanti conferme a quanto fin qui detto, nonché nuovi dettagli sulla forma e sulle misure dell’organismo architettonico. La chiesa si componeva di un atrio largo 21 ½ palmi lungo 23 ½,, l’atrio era pavimentato in mattoni, aveva due colonne e la porta di ingresso alla chiesa era ornata in marmo. Sulla porta era dipinta una cona dell’assunzione della Beata Vergine. All’interno dell’atrio erano inoltre custoditi un antico cippo in marmo su cui erano raffigurati Vulcano, Bacco e Minerva che riportava l’epigrafe greca di M. Cocceio, una pira ed una fonte battesimale. Il tempio aveva forma ottagonale, in ciascun angolo c’era una colonna, il cui intercolumnio era di palmi 8 ½, quattro colonne erano in porfido rosso, 2 in granito e 2 in marmo. La larghezza della chiesa era di 51 palmi in ciascun lato. Di fronte vi era la tribuna, a cui si accedeva da due gradini, chiusa da cancelli in legno, essa era larga 23 palmi e lunga 17 dal centro dell’arco. Sul muro di fondo vi era l’altare e su questo una cona con dipinta la B. Vergine col Banbino Gesù tra le braccia. Fra i primi due angoli a destra dell’entrata vi era un altro altare con una cona antica e consumata ove erano rappresentati la B. Vergine, S. Giovanni Battista e S. Pietro apostolo. Qui sul lato dell’epistola vi era l’ingresso alla sagrestia larga palmi 12 ½ e lunga 13, essa sporgeva verso piazza S. Domenico ed aveva tre camere superiori ed era coperta a volta, a modo di campanile. Fra gli ultimi due lati a destra vi era la fonte battesimale. La chiesa aveva una porta piccola dal lato del vico detto Pallonetto di Santa Chiara e dal lato opposto l’ingresso alla cappella di S. Pietro. Il Capasso riporta infine la notizia che nel 1770 il duca di Casacalenda , “volendo regolarizzare la facciata del palazzo, che allora col disegno di Mario Gioffredo rifaceva in sulla piazza di S. Domenico, ottenne senza alcuna opposizione delle autorità ecclesiastiche e civili che la chiesa con l’annessa cappella di S. Pietro venissero abbattute”. Come si vedrà tale evento è legato ad una lunga vicenda che vede coinvolti da una parte la parrocchia di S. M. della Rotonda e dall’altra i Di Sangro di Casacalenda, vicenda che finirà, gestita anche dal Real Architetto Luigi Vanvitelli, con la ristrutturazione ed il successivo abbattimento di “una delle più belle memorie,…, dell’antica Napoli, pagana o cristiana”, così come la definisce il Capasso. (cfr. B. Capasso; Topografia della città di Napoli nell’XI secolo; Napoli 1895; pp 92-94)

Le vicende che condussero al succedersi di manomissioni, all’abbandono da parte della curia, all’inglobamento nel palazzo ed al definitivo abbattimento della chiesa di S. Maria della Rotonda, sono legate, come già accennato alla ricostruzione del palazzo “Sangro di Casacalenda”. Il programma edilizio dei duchi, originariamente poco più di un rifacimento della facciata, si tradusse in una verticalizzazione della fabbrica ed ampliamento volumetrico verso la confinante parrocchia, non potendosi il palazzo espandere verso altri lotti confinanti. Ciò è testimoniato dalle molteplici vicende giudiziarie, ben documentate dal Fiengo nel testo “Gioffredo e Vanvitelli nei palazzi dei Casacalenda”, intercorse tra la duchessa Marianna di Sangro, ed il parroco di Santa Maria della Rotonda, nonché quelle tra la duchessa e l’architetto. Mario Gioffredo. Allorquando nel 1761 il Gioffredo, in lite con la duchessa Marianna, abbandonò il cantiere, e venne sostituito dall’architetto Luigi Vanvitelli, i rapporti con il parroco di S.M. della Rottonda erano dunque regolati da una controversia giudiziaria affidata alla perizia dell’ingegnerie camerale Giuseppe Astarita. Il Vanvitelli, su incarico del Vicario generale di Napoli, mons. Filippo Sanseverino, ebbe il compito di far eseguire gli interventi prescritti dall’Astarita. In tale circostanza egli verificò che le condizioni statiche della chiesa e del nuovo palazzo, a suo giudizio per imperizia del Gioffredo, versavano in condizioni precarie e quindi propose un importante intervento di consolidamento e di restauro. lo Strazzullo, nel testo “Autografi Vanvitelliani della biblioteca nazionale di Napoli”, pubblicato in occasione delle celebrazioni del 1973, riporta una descrizione inedita della chiesa data 1721, egli dice “…la più vicina al restauro vanvitelliano..” in cui viene ribadita la forma ottagonale della pianta, nonchè la presenza della sagrestia, al terzo angolo a destra dell’ingresso, e quella della congregazione “detta di Santo Ivone”, “al secondo angulo di man diritta al detto ingresso…” : nella sua pubblicazione lo Strazzullo riporta anche alcuni manoscritti tra cui quello datato 18 marzo 1766, con cui Vanvitelli relaziona al mons. Sanseverino, l’intervento che intende attuare. Del progetto vanvitelliano non ci è pervenuta documentazione iconografica, esso appare riconducibile all’impianto riportato nella carta Carafa Duca di Noja che ha data 1775.

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Estratto della pianta di Napoli - Duca di Noya

Il restauro Vanvitelliano della antica chiesa di S. M. della Rotonda fu realizzato tra il 1766 ed il 1770, per tali ragioni, come risulta dagli annali del Florio già dal 1768, la parrocchia si trasferirà presso il complesso del Gesù Vecchio, ma per motivi incomprensibili la confraternita non tornò mai più nella sede primitiva. (cfr Strazzullo; Autografi Vanvitelliani; Napoli 1973; pg 329) Cosi che il duca di Casacalenda, come documentato dallo “istrumento” rogato il 2 ottobre del 1784 dal notaio Francesco Maffei, (cfr Strazzullo; Autografi Vanvitelliani; Napoli 1973; pg 329) entrerà nel pieno possesso della chiesa, ormai sconsacrata. Da quel momento la storia del monumento è incerta, probabilmente diviene cappella privata dei di Sangro di Sansevero, oppure viene immediatamente assoggettata al complesso programma edilizio di ampliamento della fabbrica. “nella IV edizione delle Notizie del Celano (1792) scriveva Salvatore Palermo: “questa chiesa dopo essere stata rinnovata nel 1766 è stata indi profanata ed il luogo incorporato al Palazzo de’ Signori Sangri Duchi di Casacalenda: nel luogo ov’era la sua porta vi sono botteghe dirimpetto alla porta maggiore della chiesa di S. Angelo a Nilo, con grande dolore de’ nostri Cittadini, i quali alla giornata veggon mancare i più bei monumenti della lor patria” (cfr Strazzullo; Autografi Vanvitelliani; Napoli 1973; pg 330) Certamente, così come riportato nel suo scritto nel 1830 dal Perrino, la chiesa in quel periodo già non esiste più e viene utilizzata per usi impropri e quale materiale di spolio. Nel suo scritto il Perrino riporta “chi crederebbe che la detta Chiesa,…, servisse in oggi, … metà per magazzino di libri, e metà per magazzino di salami e formaggi del Pizzicaruolo che n’è in possesso!!!. A non dubitarsi di tal fatto, abbiam noi voluto assicurarcene personalmente,…., ove delle otto indicate colonne, ne abbiam rinvenute quattro soltanto, che sostengono la soffitta, che sovrasta la Cona dell’Altare Maggiore; e di queste quattro,due ancor ne mancherebbero, se avessero potuto togliersi,…, giacché volea farne acquisto il defunto duca di Fondi...” (cfr. M. Perrino, Dettaglio di quanto è relativo alla città di Napoli; Napoli 1830; pp 66-68) Nel 1845 la fabbrica dei Casacalenda venne acquistata da vari proprietari, in questa epoca della chiesa certamente non vi erano più tracce. L’antico monumento ritorna alla ribalta delle cronache nel 1922, allorquando la società per il Risanamento della città di Napoli procede alla amputazione della campata d’angolo del palazzo di Sangro di Casacalenda per allargare via Mezzocannone. La complessa vicenda del Risanamento, come documentato dalle tante ipotesi progettuali, fu lunga e controversa e si protrasse per circa 40 anni, ovvero dal 1891 anno in cui venne autorizzato al 1922/27 inizio e completamento lavori. Nel corso delle opere furono rinvenute due colonne, inglobate nella muratura perimetrale del palazzo, che delimitavano l’antico atrio d’ingresso della chiesa. Esse sono oggi custodite presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Con la rimozione di questi ultimi elementi, la chiesa di Santa Maria della Rotonda, scompare definitivamente dal novero dei monumenti napoletani. Di essa restano però, oltre alla memoria storica, evidenti tracce nella morfologia dell’isolato, in cui permane l’andamento orbicolare dell’antico monumento.

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Estratto della pianta di Napoli - Bernard Stopendaal (1653)

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Estratto planimetria di Napoli - Ant Lafrery (1566)

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Estratto planimetria di Napoli - Antonio Bulifon (1685)

Bibliografia essenziale Cesare D’Egenio, Napoli Sacra, Napoli, 1623; Marcello Perrino, dettaglio di quanto è relativo alla città di Napoli; Napoli,1830; C. Celano, delle notizie del bello, dell’antico, del curioso, della città di Napoli, ed. III 1758- ed. IV 1792; Bartolomeo Capasso, Topografia della città di Napoli nell’XI secolo, Napoli 1895; Franco Strazzullo, Autografi Vanvitelliani della biblioteca nazionale di Napoli, Napoli 1973 Giuseppe Fiengo, “Gioffredo e Vanvitelli nei palazzi dei Casacalenda”, Napoli 1976 Giancarlo Alisio, Napoli ed il Risanamento, recupero di una struttura urbana, Napoli 1980 Italo Ferraro, Napoli Atlante della città storica, il centro antico, Napoli 2002

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